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Parlare di libri: BOOKTUBE


Da circa due anni, con non troppo successo, gestisco un canale youtube dedicato ai libri. Non sono una booktuber seria: sono incostante nel caricamento dei video, assolutamente incurante degli aspetti tecnici, per niente incline a rendere il prodotto finale invitante (basta dare uno sguardo alle fantozziane miniature dei miei video per capire), poco propensa, insomma, a piegarmi in un qualche modo alle regole "imprenditoriali" di youtube. Tuttavia, le capacità che io non riscontro in me stessa riesco ancora ad apprezzarle in altri booktuber - sia quelli che mi fanno simpatia sia quelli che non me ne fanno - senza che io mi faccia troppo vanto del mio affrancamento dalle dinamiche di questo mondo virtuale pieno di trappole e intrighi. 

Eppure.

Eppure, nonostante tutta la consapevolezza, in passato le poche visualizzazioni e la poca partecipazione - in generale il troppo tiepido riscontro - mi hanno infastidito. Mi chiedevo come mai la mia passione per i libri non venisse compresa come io volevo; come mai al mio entusiasmo non corrispondesse, in eguali proporzioni, il trasporto del mio pubblico; come mai non venissi ripagata dei miei sforzi. 

Di iscritti, però, ne ho 500 e passa, e della loro intelligenza vado più che fiera; nei commenti sotto i miei video non ci sono formule di venerazione o adorazione nei miei confronti come spesso accade per youtuber più popolari ("Sei bellissima", "Vorrei tu fossi la mia best", "Il tuo video mi ha salvato la vita" [WTF?], e altre carinerie di questo tipo), bensì riflessioni acute, critiche, perspicaci. E quindi, dopo mesi biliosi, mi sono resa conto che è giusto, in questo caso, accontentarsi ed essere orgogliosi del poco che si è raccolto, perché questo poco è buono. Ed è questo quello che conta.

Quello che di questa esperienza virtuale mi turba davvero, però, è il risultato, nel lungo termine, di tutto questo parlare di libri, per quanto utile dilettevole ed efficiente sia in termini etici e sociali. 
La condivisione è fondamentale, sempre, e non sono io di certo a metterlo in discussione. Ma la lettura - quella sperimentata non dal critico letterario ma dal lettore - è un'esperienza intima e interiore, un viaggio solitario verso l'Altro in cui l'ineffabile e l'inspiegabile prevalgono sul senso e la logica. 

La lettura inizia l'individuo alla Solitudine, a quella specialissima solitudine che preserva e conserva ciò che si è raccolto e vissuto leggendo dalle intemperie dell'Esterno. 
Parlare agli altri di un libro che si è letto significa sì ottenere la possibilità di un confronto vantaggioso, arricchente, ma anche sacrificare la propria vita interiore a favore di un'analisi che non sempre mantiene l'emotività dell'inizio, di quando non si era ancora cercato di capire o spiegare quello che si era letto.   

Ultimamente ho avvertito una perdita dolorosa parlando di libri, la perdita di qualcosa di importante, di essenziale, di vitale. 

Evidentemente mi sbagliavo: le parole non sempre risanano.     

      

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