William Stoner è una persona, non un personaggio letterario. O meglio: è un personaggio letterario, ma il processo creativo che fa di lui un prodotto narrativo (dunque di finzione) è celato con grande maestria.
Stoner sembra dire ai lettori che la vita è una storia, che tutto intorno ha natura narrativa e che, affinché qualcosa di letterario si determini, non è necessaria la presenza dell'eccezione eroica o del significato straordinario che a tutto dà senso.
E così anche una vita apparentemente ordinaria come quella di un professore universitario acquisisce una sua peculiare rilevanza e profondità narrativa.
Le cose devono essere raccontate per esistere: è il racconto del e sul mondo che crea il mondo, non il contrario.
Stoner non è un inetto, Stoner è un essere umano, con i suoi principi e le sue mancanze, e per questo incredibilmente imperfetto. E come tutti gli uomini, come tutti noi, non riesce a cambiare le situazioni in cui si trova come il lettore si aspetterebbe che facesse, perché nessuno è davvero in grado di farlo nel modo ideale in cui vorrebbe, piuttosto ad esse resiste, silenzioso, paziente, ostinato nella sua resilienza (if you can hold on, hold on dicevano i The Killers).
La scrittura è stilisticamente e linguisticamente scorrevole, priva di arditezze, ma anche autoriale, riconoscibile, perché mai banale o priva di cliché. Equilibrio ed armonia: il lettore non si affanna né si affatica durante la lettura, perché la prosa è ben ponderata.
Ma nella leggerezza di questa penna così discreta si percepisce la sensibilità di uno sguardo malinconico, rassegnato.
Nella voce unica di John Williams si avverte − quasi in maniera dolorosa − la tristezza di chi non si è ancora deciso a toccare con mano tutta la profondità di cui è capace perché sa che oltre la profondità non c'è nulla, ma solo il terribile vuoto dell'abisso.
sempre belli e concisi i tuoi riassunti
RispondiEliminama come mai hai tolto tutti i video dal tuo canale? è un vero peccato
cmq ancora complimenti